

News dalle plenarie
Promuovere buona integrazione.
Se si fa sistema, si fa meglio
di Fabrizia Bagozzi

Puntare sempre di più a costruire Programmi di intervento integrati, anche rispetto alle diverse linee di finanziamento a disposizione che spesso procedono a compartimenti stagni. E potenziare la cooperazione e la rete fra istituzioni centrali, locali e con il Terzo Settore, cioé con i vari soggetti che partecipano alla governance dell’immigrazione, incrementando la capacità di ideazione, gestione e realizzazione degli interventi. Sono queste le esigenze emerse dalla tavola rotonda “Promuovere buona integrazione: programmazione unitaria, co-operazione interistituzionale e social change nelle regioni del Sud” che ha concluso “Integrare al Sud: sfide e opportunità per le regioni meridionali”, promosso dal progetto Com.In.3.0 il 7 e 8 marzo a Roma e che ha visto confrontarsi dirigenti del Ministero dell’Interno e delle Regioni partner, al termine di una mattinata dedicata ai Workshop, e della restituzione in plenaria di ciò che emerso.
In apertura, il Viceprefetto Maria Eleonora Corsaro, Direzione Centrale Politiche dell’Immigrazione e dell’Asilo del Viminale, ha sottolineato che il Ministero dell’Interno non guarda all’immigrazione unicamente con un approccio securitario, ma dà grande rilevanza all’integrazione, come del resto l’esistenza della Direzione di appartenenza testimonia. A questo proposito, ha ripercorso le linee del Piano nazionale per l’Integrazione varato a settembre, ricordando come “sia stato ottenuto con il contributo delle amministrazioni centrali e periferiche, della Conferenza Stato-Regioni, dell’Anci, dell’Unar, dell’Oim”. E come “sia dunque il risultato di una lunga concertazione con tutti gli stakeholder”. L’avvio del lavoro “è stato preceduto dall’invio di questionari alle prefetture e alle regioni per la rilevazione dei bisogni e nel documento sono state inserite proposte concrete su una serie di assi”. Con l’obiettivo, fra gli altri, di uniformare gli strumenti a livello nazionale.
Un modello di lavoro congiunto
“L’integrazione fra fondi è un valore, come lo è l’integrazione degli immigrati”, ha sottolineato Valentina D’Urso, Referente per l’attuazione del PON Legalità del Ministero dell’Interno, “Un doppio obiettivo che si raggiunge solo se si fa sistema”. La fase di definizione del Programma Legalità 2014-2020 “ha sperimentato un modello di lavoro congiunto con altri attori istituzionali, come il Ministero del Lavoro con il PON Inclusione, aprendo poi un confronto con le Regioni e con il partenariato economico e sociale”. Ora si apre la sfida dell’attuazione: “E diventa centrale la qualità del contributo dei partner: tanto è più elevato quanto più le risorse saranno utilizzate al meglio”. Gli strumenti per integrare fondi e interventi ci sono: Protocolli d’Intesa, bandi congiunti, “come è avvenuto in modo positivo con la Regione Campania sui beni confiscati”. E va rimarcata l’esperienza dei Prefetti Commissari Straordinari di Governo “perché consente di fare sintesi fra riscontro dei bisogni territoriali e individuazione dei soggetti che con risorse possono contribuire alla soluzione dei problemi”. “Da parte delle amministrazioni titolari di risorse – ha concluso – serve un indirizzo più forte verso interventi di tipo innovativo. Ed è necessario rafforzare la capacitazione dei soggetti che devono realizzare gli interventi per massimizzarne l’efficacia”.
Il centro polifunzionale di Ragusa, il sistema integrato della Calabria
Un esempio di integrazione fra fondi è il Centro Polifunzionale di Ragusa “che per la noi è un fiore all’occhiello: utile ai migranti e a tutti i cittadini, è stato costruito mettendo insieme risorse del PON Sicurezza, delle politiche migratorie del Ministero del Lavoro e altri fondi Ue”, ha ricordato Saverino Ricchiusa, referente FAMI per il Dipartimento Famiglia e Politiche Sociali della Regione Sicilia. “E con Com.In, di cui siamo partner sin dalla prima edizione, stiamo lavorando bene sulla rete a livello locale e con le regioni partner”. Per parte sua, la Calabria sta mettendo a punto “un sistema integrato per gestire le politiche sociali, inclusa l’immigrazione, in modo che pubblico e privato possano operare, anche nella rilevazione e nell’indicazione dei bisogni, attraverso una piattaforma, in uno spazio comune”. A sottolinearlo, Fortunato Varone, Direttore Generale Dipartimento Lavoro, Formazione e Politiche Sociali della Regione Calabria. “Inoltre, per quanto riguarda il trasporto pubblico locale stiamo erogando abbonamenti ai mezzi pubblici a soggetti con un reddito molto basso e stiamo pensando di estendere la cosa anche ai migranti”. Che, ha rimarcato Francesco Nicotri, della Sezione cittadino, politiche per le migrazioni e antimafia sociale della Regione Puglia “vanno considerati come una risorsa, e non come un problema”.
“Con le prefetture, in Basilicata, una collaborazione decisiva”
“In questi anni il Ministero dell’Interno e le prefetture hanno fatto un gran lavoro, che gli imprenditori della paura hanno oscurato con una comunicazione distorta”, ha poi evidenziato Pietro Simonetti, responsabile del Coordinamento politiche migranti e rifugisti della della Regione Basilicata. “Senza la collaborazione con le prefetture di Matera e Potenza, la Basilicata non sarebbe arrivata a risultati così importanti, soprattutto in termini di qualità dell’accoglienza”. “Bisogna passare dalla diagnosi alla programmazione, alla prospettiva. Siamo consapevoli che ora ci aspetta una stagione si studio e qualificazione degli operatori che lavorano nell’accoglienza, che è decisiva per migliorare l’inclusione. Come Regione ci candidiamo a ospitare un centro di formazione degli operatori del settore”.
La scommessa della Campania
“Integrazione, rete, fare sistema, relazioni: è questo che manca spesso a una sana programmazione” ha constatato Francesca Iacono, Settore Programmazione Unitaria della Regione Campania. “Da questo punto di vista la nostra scommessa è stata istituire un ufficio espressamente dedicato, che tende ad avere uno sguardo largo sulle politiche, sui fondi e su ciò che si deve mettere in campo con gli strumenti più adeguati”. Fare sistema comunque si può, “e nella pratica già accade”, ha poi commentato. “Il punto è, da un lato certo migliorare la capacitazione istituzionale, e dall’altro, come ha detto Simonetti, lavorare sulla qualificazione del sistema. Da questo punto di vista, in alcuni casi, il privato che rappresenta i bisogni dei territori e delle persone deve riuscire a sviluppare una maggiore rappresentatività” affinché tali bisogni siano più facilmente rilevabili. Il problema, dunque, non sono le risorse, ma “organizzarle nel modo migliore”, all’interno di una rete con capacità e competenze potenziate. “E avendo la possibilità di puntare sulla continuità di progetti che funzionano”.
“Integrare al sud: sfide e opportunità per le regioni meridionali”. Speciale 7/8 marzo 2018. Su www.integrazione.org l’evento per immagini: fotografie, interviste, rassegna stampa
