

Focus
La legge 199, una svolta
nel combattere lo sfruttamento del lavoro
Non solo repressione ma anche prevenzione e una serie
di strumenti che rendono concreta l’azione di contrasto.
Un provvedimento al cui varo FLAI Cgil, insieme ad altri,
ha dato un contributo decisivo
di Giovanni Mininni*

Nel 2008, come FLAI Cgil, ci ponemmo il problema di come riprendere la denuncia di ciò che avveniva in molte campagne italiane nei confronti dei lavoratori, non solo immigrati, ma anche italiani. Lo sfruttamento dei lavoratori della terra, remunerati con le cosiddette “paghe di piazza” di molto inferiori a quelle previste dai contratti, e la diffusa presenza dei caporali, che svolgevano attività illecita di intermediazione di manodopera e trasporto al lavoro, sembravano condizioni esistite negli anni 70 e 80 del secolo scorso e ormai non più presenti nel mercato del lavoro agricolo.
Tutt’altro che un fenomeno del passato
E, invece, la nostra attività sul campo ci diceva proprio il contrario. Non solo ci trovavamo di continuo a denunciare fatti del genere nelle zone del Mezzogiorno, dove in passato tali situazioni erano presenti, ma lo sfruttamento e il caporalato erano sempre più diffusi e riscontrabili anche in territori in cui negli anni 70 non c’erano, in particolare nel Centro-Nord del paese.
Perciò era necessario accendere un faro sulle condizioni di lavoro in agricoltura e fare in modo che il Parlamento conoscesse ciò che minacciava, e ancora oggi minaccia, il buon nome del settore agricolo italiano, fatto di aziende di qualità, e talvolta di eccellenza, che rispettano i lavoratori.
Lanciammo perciò diverse campagne di denuncia: “Oro rosso”, “Stop caporalato”, “Gli invisibili nelle campagne”, solo per citarne alcune di risonanza nazionale. Trovammo sulla strada diverse associazioni con cui condividemmo l’impegno. Oltre a Fillea Cgil, che organizza i lavoratori dell’edilizia, abbiamo condiviso molte iniziative con Libera e con Terra, per poi sostenere la campagna di “Filiera Sporca”.
Il reato di caporalato, nel 2011 un primo passo
Nel 2011 raggiungemmo un primo importante risultato. L’allora ministro Sacconi introdusse nel Codice penale il reato di caporalato, dando vita all’articolo 603 bis. Fu certamente un inizio, che però non coglieva interamente il problema e, soprattutto, non metteva in campo una risposta efficace perché considerava solo il caporale come sfruttatore, trascurando le responsabilità dell’imprenditore che, invece, spesso è all’origine dello sfruttamento. Infatti, la norma non riuscì, di fatto, a essere applicata e pochissimi furono i processi.
Continuammo dunque la nostra iniziativa per ottenere un miglioramento della legge e pubblicammo anche Agromafie e Caporalato, un rapporto biennale che raccoglieva le esperienze sindacali dei diversi territori, ricostruiva le migrazioni interne al nostro paese per i lavoratori immigrati e focalizzava l’attenzione su alcuni ‘distretti dello sfruttamento’. I tristi fatti dell’estate 2015 portarono al clamore della stampa le morti di operaie e operai agricoli nelle campagne. Ben cinque in pochi mesi, tra le quali la signora Paola Clemente che si recava al lavoro dalla provincia di Taranto ad Andria, pagata pochi euro al giorno. L’attenzione mediatica fu fortissima, e l’intensificarsi della nostra azione sindacale portò il governo Renzi a varare una nuova legge contro lo sfruttamento e il caporalato, riscrivendo completamente l’articolo 603 bis approvato nel 2011.
La legge 199 entrò in vigore il 4 novembre del 2016.
Nel 2016, con le nuove norme, strumenti a tutto campo
Con questo provvedimento si arriva finalmente a una legge organica contro lo sfruttamento e non solo contro il caporalato. La riscrittura degli “indici di sfruttamento”, dell’articolo 603 bis, rende più facile la sua applicazione e, inoltre, la legge ha una parte repressiva e un’altra che si potrebbe definire di prevenzione. È applicabile a tutto il mondo del lavoro e non solamente a quello agricolo perché interviene su norme penali generali. Prevede la possibilità di controllo giudiziario dell’impresa e la protezione per i lavoratori migranti che denunciano. Poiché combatte lo sfruttamento, agisce contro il datore di lavoro (prevedendone anche l’arresto) che viola i diritti dei lavoratori e approfitta del loro stato di bisogno anche se non utilizza il caporale per reclutare manodopera, cogliendo così il reale problema.
La seconda parte, specifica per l’agricoltura, istituisce la Rete del lavoro agricolo di qualità che consiste in una Cabina di regia presso l’Inps nazionale che iscrive alla “Rete” le aziende in regola con la legge e i contratti, al fine di costituire un elenco di imprese che operano nella legalità.
Ora la sfida è la riuscita delle Sezioni territoriali
L’aspetto più importante è quello legato alla sua articolazione territoriale con l’istituzione delle Sezioni territoriali della Rete, che dovranno svolgere un ruolo di promozione di servizi a favore dei lavoratori e delle imprese, alternativi a quelli che fornisce il caporale e soprattutto riportando alla legalità l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e il trasporto dei lavoratori sui campi. Inoltre dovrà essere garantita l’applicazione dei contratti collettivi ai lavoratori. La prima sperimentazione si sta facendo a Foggia, una provincia molto esposta a questi fenomeni. È qui che si gioca la reale applicazione della legge 199/2016.
Nella riuscita delle Sezioni territoriali della Rete si concretizza la sfida a realizzare azioni efficaci contro lo sfruttamento, che sono la ragione più importante del nostro impegno sindacale da tanti anni.
* Segretario Nazionale FLAI Cgil
“Integrare al sud: sfide e opportunità per le regioni meridionali”. Speciale 7/8 marzo 2018. Su www.integrazione.org l’evento per immagini: fotografie, interviste, rassegna stampa
